Il professor Alberto Zangrillo ne è sicuro: l’emergenza coronavirus è alle spalle e “in Lombardia nessuno muore per colpa del virus da almeno un mese”. Il primario del San Raffaele di Milano, intervistato da Francesco Storace sulle pagine de “Il Tempo”, ha spiegato perché – in opposizione alla sua versione – continuano ad essere registrati decessi da Covid-19: “È un modo di comunicare scorretto che non rispecchia la realtà. Ora Le rispondo dal mio studio, di fronte a me è seduto il mio collega, direttore della neuro rianimazione Prof. Luigi Beretta che mi dice: “Il nonno di Pierino è coinvolto in un grave incidente stradale sulla tangenziale di Milano. Viene portato in emergenza in Pronto Soccorso, laddove oltre alle manovre di rianimazione, viene sottoposto, come tutti i pazienti, che entrano in un ospedale italiano, al tampone orofaringeo. Purtroppo, nonostante le cure, il nonno di Pierino, nel frattempo risultato Covid positivo, dopo due giorni viene a mancare in conseguenza del grave trauma subito. La causa di morte del nonno è chiara a tutti ma purtroppo verrà addebitata al virus“. Zangrillo ha aggiunto: “Ci interroghiamo tutti i giorni sul perché di questi dati di cui non abbiamo alcun riscontro nella pratica clinica giornaliera. Ci siamo informati presso gli organismi competenti ed abbiamo ricevuto la conferma. D’altro canto tutti sanno che in Italia l’eccesso di mortalità da SARS COV 2 è fortunatamente azzerato da due mesi. Concludendo: Attenzione, distanziamento massima prudenza, rispetto delle regole ma rispettiamo anche la Verità“.



ZANGRILLO: “EMERGENZA FINITA, NON SONO PAZZO”

Il medico personale di Silvio Berlusconi non si preoccupa delle accuse che gli sono piovute addosso in queste settimane: “I cittadini hanno bisogno di verità: se dichiarare pubblicamente che il virus, in Italia non produce gli stessi problemi di tre mesi fa equivale ad essere ritenuto irresponsabile, mi assumo volentieri questa responsabilità soprattutto perché è condivisa dai circa 400 medici ed infermieri che hanno lavorato e lavorano al mio fianco dal 21 febbraio un importante contributo ad un dibattito scientifico costruttivo e non di parte. Insieme abbiamo affrontato il dramma della morte ogni giorno e nessuno di loro il 1 giugno mi ha chiamato per chiedermi se ero diventato pazzo. Evocare l’emergenza porta al panico e alla morte sociale. Pensavo che la guerra forse contro il virus, lo abbiamo combattuto senza risparmiarci alimentando inconsapevolmente la facile retorica dell’eroismo. In realtà abbiamo tutti fatto il nostro dovere con uno straordinario gioco di squadra che ha visto coinvolti infermieri e medici di tutte le specialità cliniche. Poi il 31 maggio, dopo 40 giorni senza ricoveri in terapia intensiva, un messaggio di ottimismo, fondato sull’osservazione clinica ha scatenato le polemiche“.

ZANGRILLO: “SUI VIROLOGI TOPI DA LABORATORIO DICO…”

Il dottor Zangrillo ha poi argomentato la definizione di “topi da laboratorio” affibbiata ad alcuni virologi: “Ammetto di nutrire un po’ di diffidenza contro i “leoni da tastiera”. Mi fido molto di veri virologi che hanno costruito la loro reputazione contrastando i micidiali virus del passato in stretta correlazione con i clinici. Coloro che vivono per denigrare il lavoro altrui continueranno a sopravvivere nutrendosi dell’invidia. Ricordiamoci poi che tutte le più grandi scoperte della medicina moderna sono transitate dal letto del malato“. Secondo Zangrillo, insomma, “evocare l’emergenza porta al panico e alla morte sociale. Pretendere il rispetto di regole giuste aumenta il senso di responsabilità di ognuno di noi“. Il professore conclude: “Il quadro clinico del Grande malato Italia è nelle mani del Comitato Tecnico Scientifico, formato da illustri colleghi con cui non voglio entrare in conflitto. Ho riconosciuto a loro il grande merito di aver suggerito in tempi esatti un doloroso ma necessario lockdown. Ora vorrei che le loro indicazioni tenessero in maggior considerazione le evidenze cliniche attuali. In questo momento storico c’è bisogno di condivisione, coraggio e lucida visione di un quadro globale. Oggi la mia più grande preoccupazione in campo sanitario è riprendere a curare quei malati che, per colpa di Sars Co V2, trascuriamo da almeno 5 mesi. Ripeto: in Lombardia nessuno muore per colpa del virus da almeno un mese“.

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