C’era anche il primario di Anestesia e rianimazione all’ospedale San Raffaele e prorettore dell’Università Vita-Salute del San Raffaele, Alberto Zangrillo, stamane presso la Rsa di via Boscovich 35 a Milano, don Leone Porta, per il vaccino anti-covid agli anziani pazienti della stessa. E’ stato infatti proprio Zangrillo, assieme ai suoi collaboratori, ad iniettare il farmaco alle persone presenti, e per l’evento vi erano anche i giornalisti del Corriere della Sera. «Perchè questo impegno? Ho deciso una settimana fa – ha detto il noto professore, che sta dando una mano semplicemente come volontario – ho chiesto alla Regione e mi è stato detto che avrei potuto essere di supporto nelle strutture in capo all’Asst Fatebenefratelli-Sacco. Nei giorni scorsi ho preso conoscenza della procedura e iniziato le vaccinazioni alla Rsa Quarenghi e al centro Girola con i miei collaboratori».



I pazienti di Zangrillo sono persone di età comprese fra gli 85 e i 102 anni, ma anche gli operatori sanitari delle Rsa: «Non è un lavoro di secondo piano. È una delle più belle esperienze della mia vita – non si nasconde il “medico di Berlusconi” – senti che fai qualcosa di speciale per persone che potrebbero correre grandi rischi a causa del virus. E ti immedesimi».



ZANGRILLO: “NON CI DIMENTICHIAMO DEGLI ANZIANI, MA DELLE PERSONE”

Dopo che il virus ha falcidiato migliaia di anziani da febbraio ad oggi, anche la vaccinazione sta procedendo più a rilento nelle Rsa, e a riguardo Zangrillo spiega: «Il problema non è che ci dimentichiamo gli anziani, ma le persone. Stiamo vivendo sull’onda di previsioni e teoremi che si discostano dalla realtà quotidiana. Il mio piccolo apporto vuole essere dimostrativo e soprattutto pratico, un riconoscimento d’ attenzione per chi è stato oggetto di discorsi vili. Qualcuno ha pensato che si potessero applicare priorità di intervento terapeutico in base all’età». Interpellato invece sui rumors secondo cui i medici siano stati costretti a decidere quale categoria salvare in occasione del picco di emergenza: «Se si va per categoria vuol dire che non abbiamo capito nulla. Se sono bravo con il triage vado incontro alle necessità di cura del paziente. Ogni malato ha bisogno di una sua terapia. Questa malattia ci ha insegnato un comandamento: la terapia del malato inizia a domicilio. E l’ errore terapeutico a domicilio spesso si paga con la morte del paziente». Quindi Zangrillo si congeda così: «Lo faccio anche per i miei figli. Stiamo rubando loro il futuro».

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