Volodymyr Zelensky riguadagna la scena al World Economic Forum di Davos. Ma mentre il giorno precedente l’inizio ufficiale del summit aveva lanciato l’idea, insieme al presidente della Confederazione elvetica, di un vertice da tenere in Svizzera su questo tema, negli incontri con il segretario di Stato Usa Anthony Blinken e con il segretario Nato Jens Stoltenberg è tornato a chiedere aiuti per continuare a combattere contro i russi.
“Il presidente ucraino ha bisogno di riavere la visibilità e l’attenzione che aveva prima della guerra a Gaza – spiega Marco Bertolini, generale già comandante del Coi e della Brigata Folgore in diversi teatri operativi tra cui Afghanistan, Libano, Somalia e Kosovo – per questo a Davos ha cercato di riguadagnare la scena”. A Zelensky serve una exit strategy da una situazione che diventa di giorno in giorno sempre più difficile e favorevole ai russi.
A Blinken, Zelensky ha chiesto che gli Usa continuino a sostenere l’Ucraina, a Stoltenberg di accelerare l’adesione alla Nato. Che cosa ha in mente il presidente ucraino?
Zelensky è andato a Davos per tornare a ottenere l’attenzione internazionale su di sé e sull’Ucraina. Sembra quasi che il dubbio se andare avanti o meno non lo sfiori neppure. Con le sue richieste, però, ammette una incapacità a proseguire da solo, tanto da chiedere sostegno, in particolare per sopperire alla carenza aerea. Mancando l’appoggio di Nato e Ue è destinato alla sconfitta, nella guerra e nel dopoguerra: senza questo flusso finanziario enorme che arriva dall’estero, Kiev non riuscirebbe a pagare gli stipendi ai soldati e ai funzionari dello Stato. E non parliamo delle pensioni. Zelensky deve tenere aperta la possibilità di una qualche adesione all’Occidente. Ne va della sopravvivenza del Paese.
Ma comincia a pensare alla pace o vuole continuare a combattere?
Che debba trovare una exit strategy è pacifico. Ha un’esigenza di sopravvivenza anche personale. Se mancasse il sostegno internazionale e gli obiettivi per cui ha mandato a morire migliaia di soldati ucraini, cioè l’adesione alla Nato e l’ingresso nell’Unione Europea, e la possibilità di riconquistare il territorio, non fossero raggiunti, avrebbe fallito completamente.
Chiede comunque armi perché per andare a trattare la pace deve mostrare di avere ancora risorse per continuare a combattere?
Sicuramente. Si sente debole perché non ha più i riflettori accesi sull’Ucraina e su se stesso, l’attenzione generale è per il Medio Oriente. Ha bisogno di essere rinfrancato nel supporto internazionale.
Ma perché allora poche ore prima le sue più recenti dichiarazioni si era arrivati a ipotizzare un vertice mondiale sulla pace in Svizzera?
Zelensky è sempre stato deciso nel rigettare ogni ipotesi di compromesso, di negoziato con la Russia. Che abbia parlato di un piano di pace dimostra che anche lui ha preso in considerazione la possibilità di un’altra via d’uscita. Da una parte vuole continuare a combattere, ma probabilmente sa che non c’è possibilità di tornare a controllare quei territori che sono stati occupati dai russi e che l’opinione pubblica ucraina non è così entusiasta di perdere decine di migliaia di vite di giovani per un obiettivo irraggiungibile. Ma una soluzione non la si potrà trovare se non parlando con Putin. Non basta suscitare l’indignazione mondiale per ottenere qualcosa, bisogna coinvolgere la Russia.
Ma il presidente ucraino è pronto a parlare con Mosca?
Per coinvolgere la Russia bisognerebbe contravvenire una legge che Zelensky stesso ha fatto promulgare, secondo la quale non si può negoziare con i russi. Putin è stato anche colpito da un mandato di cattura internazionale; intavolare una trattativa adesso è anche difficile dal punto di vista procedurale.
Nel piano ucraino si parla ancora di ritiro dei russi e di garantire la sicurezza energetica e nucleare, oltre a quella alimentare, mediante il commercio del grano. Non si entra nel merito delle eventuali concessioni da fare alla Russia: un’offerta di pace che rimane ancora poco concreta?
Probabilmente è anche un’affermazione retorico-propagandistica: al Forum di Davos contano molto le parole e Zelensky deve cercare di avere l’attenzione delle opinioni pubbliche. Se si parla di ritiro dei russi dalle zone occupate è un piano che non ha possibilità di attuazione. È una falsa apertura: parla di pace alle opinioni pubbliche estere che sono stanche di questa guerra, e vogliono vedere aprirsi uno spiraglio che consenta di sgravarsi di questo impegno spaventoso. E un po’ si rivolge anche all’opinione pubblica interna. Chi deciderà la pace o la guerra in Ucraina comunque non credo che sarà lui. E poi deve prepararsi a un possibile cambio negli Usa.
Trump ha stravinto nelle primarie dello Iowa e ha ribadito che con lui le guerre in Ucraina e Medio Oriente finiranno subito. Kiev rischia tra qualche mese di non avere più l’appoggio americano che già si è affievolito?
Zelensky non può contare su un indiscusso appoggio futuro. Trump la pensa esattamente al contrario di Biden. Il presidente ucraino è preoccupato anche del suo destino personale.
La volontà degli ucraini di coinvolgere la Cina in un eventuale summit per la pace, invece, che cosa significa?
Aprire alla Cina vuol dire anche cercare di incrinare la sua alleanza con la Russia. È un calcolo corretto: Pechino dal punto di vista economico ha un peso determinante. L’unilateralismo al quale eravamo abituati, quello per cui decidevano solo gli Usa, è venuto meno. È impossibile cercare di arrivare alla pace senza che ci sia un qualche tipo di intervento da parte della Cina: i principali protagonisti della scena internazionale devono essere coinvolti.
La Bild ha rivelato un piano segreto secondo cui la Russia si starebbe preparando a far guerra alla Nato e un deputato della Duma, Aleksey Zhuravlyov, ha ipotizzato un attacco alla Polonia, una volta sistemata l’Ucraina. La spinta antioccidentale in Russia è ancora più forte?
Che in Russia ci siano posizioni molto radicali credo sia scontato. Succede in tutte le realtà. In Israele un ministro ha detto di bombardare Gaza con la bomba atomica. Bisogna pesare le notizie e capire se sono solo finalizzate a creare sconcerto. Se la Russia attaccasse la Nato cosa penserebbe di fare, di mantenere l’Europa sotto il controllo militare una volta occupata? Credo che Mosca abbia fatto di tutto per non allargare la guerra. Penso che non abbia questo interesse e neanche la capacità di farlo.
(Paolo Rossetti)
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