Forse il nuovo secolo inizia in questo 2023, perché quest’anno sono passati vent’anni dal cambio strategico inauguratosi con la Guerra dell’Iraq e la divisione europea che ne seguì tra vecchia Europa franco-tedesca – attestata sulla rivendicazione dell’autonomia strategica continentale – e nuova Europa a guida polacca e scandinava. Il Putin di allora era l’architrave, con il rifiuto della guerra nordamericana, di quell’ultimo tentativo franco-tedesco di autonomia. Il Putin di oggi è stato ed è il becchino di quel tentativo, funerale annunciato dall’impossibilità della vecchia Europa di fermarlo grazie sia al “formato Normandia”, sia all’accordo di Minsk dell’ormai lontano 2014.
Ma c’è anche un altro segno dell’apertura di una nuova fase strategica. Ha per scenario l’arteria energetica del Grande Medio Oriente con l’accordo tra sunniti e sciiti nelle forme statuali dell’accordo tra sauditi e iraniani di cui la Cina è stata fautrice. Di nuovo Francia e Germania sono costrette a schierarsi contro gli Usa, anche se in una difficoltà tremenda. Gli Usa puntano a un decoupling economico con la Cina sullo stile di quello imposto nel confronto con la Russia che ha invaso l’Ucraina.
È difficile pensare a una nuova fase strategica che non sia costellata da una serie di guerre locali ma su scala mondiale. Di fatto così successe dopo l’emersione degli Usa su scala mondiale tra il 1905 e il 1906 mediando tra Giappone e Russia con il Trattato di Portsmouth e quello di Algeciras dopo il confronto franco-tedesco in Marocco.
Ad Algeciras l’Italia, che già s’era scorticata le mani al tempo del governo Cairoli – perdendo ogni speranza di annettersi il Marocco -, iniziò a definirsi come un imperialismo straccione, secondo la celebre definizione gramsciana. Dove la debolezza significava essere sotto tutela, così come confermò tutto il nostro Risorgimento e come aveva ben compreso il genio diplomatico di Camillo Cavour.
Oggi la storia si ripete. Zelensky arriva a Roma e si riconferma così come non mai il cambio di spalla al fucile del fante europeo che veste appunto la divisa della Nuova Europa. Ma questo nella conferma di un’altra costante tentazione italica che sempre dal Risorgimento e poi per tutta la nostra storia unitaria ci accompagna. La politica, appunto, dei giri di valzer, ossia di quel cambiar di partner e di ritmi di ballo che ci portò alla rovina. Passando dalla Triplice all’Intesa e dall’anglosfera alla potenza hitleriana, sino a giungere alla difficoltà con cui firmammo il Trattato di pace post-bellico. Solo De Gasperi ci salvò.
Oggi il Governo Meloni riceve Zelensky, ma non dice parole chiare sul Memorandum sulla Via della Seta in sintonia franco-tedesca. Ancora e sempre sudditi e improvvidi e non alleati consapevoli e fieri. O tempora o mores!
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