Car direttore,
ci mancava l’invito di Zelensky al festival di Sanremo 2023 per rischiare di trasformare il dramma dell’Ucraina in una pagliacciata, alla rincorsa dell’audience. La presenza del presidente ucraino a Sanremo 2023 mi sembra una sciocchezza ma soprattutto una mancanza di rispetto per le migliaia di morti che ci sono stati. Per questo vorrei tentare un ragionamento sulla guerra in Ucraina sapendo in anticipo che riceverò ogni sorta di critiche.
Ci avviamo al 12esimo mese di guerra e la situazione sul campo è, sostanzialmente, quella di una settimana dopo l’invasione russa che – ci mancherebbe – porta la responsabilità del conflitto con una decisione di Putin che va contro il diritto internazionale, la logica e perfino il buonsenso. Dall’altra parte un presidente salito agli onori del mondo come mai avrebbe potuto immaginare e un paese – l’Ucraina – aiutato a tutti i livelli, che può controbattere militarmente colpo su colpo, perché sa di avere alle spalle una riserva pressoché inesauribile di armamenti. Ma chi glielo fa fare di volere una pace?
Un anno dopo l’avvio della guerra la Russia non sembra però economicamente prostrata, la gente – volente o no – ubbidisce agli ordini e tira avanti senza grandi restrizioni economiche visto che le sanzioni non si sono dimostrate particolarmente efficaci.
Nello stesso periodo l’Europa, già provata dal Covid, è invece precipitata in un grave crisi soprattutto energetica e l’inflazione che ne è venuta in conseguenza ha scardinato i bilanci statali, ha indebitato i governi (non tutti: soprattutto quelli che non hanno alternative energetiche), ha fatto crescere i prezzi colpendo soprattutto i ceti più poveri.
Il problema è decidere se e come uscirne. Ci sono sostanzialmente due strade. Una è continuare quella attuale, armando l’Ucraina con ogni difesa possibile in attesa che riconquisti il Donbass con il ripristino del diritto internazionale. L’altra è accettare lo stato di fatto, spingere le parti a negoziare, imporre un armistizio, dichiarare ufficialmente di fatto russa la Crimea e trovare formule di ampia autonomia per l’est Ucraina, ma rendendo “conveniente” il cessate il fuoco anche per Putin. Certamente la prima scelta è quella più giusta dal punto di vista dell’etica, ma la seconda è decisamente la più conveniente anche per noi, la più realistica, visto che alla fine di un’escalation entrambe le parti possono crescere in armamenti, missili, morti innocenti, rovine e alla fine – Dio non voglia – un pazzo potrebbe schiacciare il bottone atomico.
Si dirà che così Putin avrebbe vinto, ma non è vero, perché avrebbe comunque sacrificato il suo Paese per pochi territori. Quello che più mi mette in imbarazzo è che – a parte Papa Francesco che quando parla di queste cose non viene minimamente ascoltato (soprattutto dal “cattolico” Biden) – nessuno in Europa sembra volere provare a tessere un minimo di rapporti di pace e anzi i toni, le discussioni, i vertici, le minacce sembrano costruite apporta per allontanare ogni speranza di negoziato.
Ascoltate il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, oppure il ministro degli Esteri europeo Josep Borrell: è il quotidiano tono da usare se non si vuol rendere ancora più rabbioso l’avversario? C’è mai stata da parte loro una parola o un minimo accenno ad una possibilità di aprire una trattativa di pace?
Ed è qui che mi nasce un dubbio profondo: ma a chi conviene continuare in una guerra umanamente dissennata? È evidente: ai “falchi”, a chi commercia in armi, a chi specula e commercia in materie prime, a chi ha voluto eliminare un qualsiasi accordo Ue-Russia per i tempi futuri, a chi ha sabotato i gasdotti sottomarini e fatto schizzare i prezzi dell’energia. Tutti scatenati contro Putin, ma tutti silenziosi verso tante altre dittature, governanti sanguinari, repressioni evidenti. In Iran si muore se non porti il velo, in Arabia Saudita se fai un tweet contro il governo, in Afghanistan si torna al medioevo, in Africa milizie ammazzano, invadono e distruggono… Ma per l’Europa queste cose contano poco o niente.
Conta più l’Ucraina perché è una mega-business e d’altronde da sempre la guerra fa nascere e crescere affari, mentre i “danni collaterali” sono sempre un optional.
Se le “sanzioni” servissero davvero a qualcosa Putin sarebbe allo stremo da tempo ed invece non lo è, segno che le sanzioni servono a poco o a niente, anche perché lo zar si approvvigiona ad Oriente. Ma quelle stesse sanzioni chi hanno danneggiato se non proprio e soprattutto l’Europa? È allora sensato continuare su questo piano e fino a quando?
La guerra è in stallo, non siamo certamente – dopo un anno! – all’ultima spallata come sperava Cadorna sull’Isonzo. Ricordiamoci che a Verdun dopo mesi di massacri non ha vinto nessuno.
Intanto il debito pubblico sale, i governi (non solo il nostro) debbono indebitarsi per sostenere l’economia, così salgono gli interessi sul debito in una spirale senza fine. L’autonomia politica delle nazioni decade e cresce il controllo economico della Bce. Ma se tutto è nuovamente una questione economica, come la mettiamo allora con il “diritto umano e dei popoli” per difendere il quale eravamo partiti?
Dopo 11 mesi di guerra è legittimo e vero poter dire che effettivamente gli Usa ci hanno spinto ad una “guerra per procura” per la gioia dei loro fornitori di armamenti dipinti da grandi difensori della libertà, ma forse anche per più profani profitti.
Se proprio vogliamo essere chiari, sarebbe bello anche capire cosa sia successo e succeda effettivamente in Ucraina: i deputati dell’opposizione sono spariti, gli ortodossi russi espulsi, milioni di ucraini russofoni dimenticati. E non credo che la tradizionale e radicata corruzione ucraina sia stata messa all’angolo, anzi. E magari intanto la famiglia Biden spera che si faccia il minor rumore possibile sui maneggi in anni non troppo lontani che videro protagonista proprio il figlio del presidente Usa.
Resta poi aperto il dubbio su chi abbia aiutato e spinto Zelensky verso la presidenza, con quali fondi e quali pressioni e chi abbia fomentato l’odio tra le etnie: davvero solo Putin? Approfondimenti di questo tipo sulle nostre tv non se ne ascoltano mai.
Possibile che alcuni Paesi europei (compreso il nostro) non debbano cominciare a discutere di queste cose? Non per abbandonare l’Ucraina il giorno dopo, ma per cominciare a valutare in modo realistico la situazione. All’obiezione che se ci fermassimo, Putin pian piano si prenderebbe l’Europa come Hitler nel ’38, obietto che se Putin lo avesse veramente voluto, in una settimana – almeno all’inizio – sarebbe arrivato a Kiev, ma non aveva, allora come oggi, interesse a farlo; e forse ora ha appena le forze per mantenere lo status quo, anche se non ammetterà mai una sconfitta.
Di certo, se gli alleati rafforzeranno ancora l’Ucraina il Cremlino innalzerà il terrore missilistico. È una partita a poker, con continui rilanci. Se non diciamo “vedo”, alla fine questo gioco sarà un disastro per tutti.
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