ZELENSKY “GELA” IL CARD. ZUPPI: “NON SI FA LA PACE CON IL CESSATE IL FUOCO”

Si è conclusa il 6 giugno sera la prima visita del cardinale Matteo Maria Zuppi in Ucraina per l’inizio della missione di pace voluta fortemente da Papa Francesco: la due giorni del Presidente CEI si è chiusa ieri con il colloquio a Kiev nel Palazzo del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Il cardinale Zuppi non ha rilasciato dichiarazioni, ma dalla delegazione della Chiesa Cattolica trapela netta soddisfazione per «l’accoglienza ricevuta» e per la possibilità di poter essere utili a «costruire un percorso che possa portare speranza all’interno del conflitto».



Di contro però occorre sottolineare come Zelensky abbia risposto punto su punto alle iniziali questioni sollevate dal Vaticano, confermando la linea già esposta di persona a Papa Francesco nella visita in maggio a Roma: «Zuppi e Zelensky hanno discusso della situazione nel nostro Paese e della cooperazione umanitaria tra Ucraina e Santa Sede nel quadro dell’attuazione della Formula di pace ucraina», si legge nel comunicato apparso sul sito della Presidenza ucraina. Zelensky ha sottolineato all’inviato del Papa in Ucraina che la Russia «Russia continua a commettere orribili crimini di guerra contro l’Ucraina, l’ultimo dei quali è l’esplosione della diga di Kakhovka». Questo pone « enormi minacce e avrà terribili conseguenze per la vita delle persone e per l’ambiente»; per questi motivi, spiega il Presidente ucraino, «il cessate il fuoco e il congelamento del conflitto non porteranno alla pace. Il nemico approfitterà della pausa per sviluppare le sue capacità e ulteriori attacchi, per condurre una nuova ondata di crimini e terrore. La Russia deve ritirare tutte le sue truppe dal territorio dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale».



LE RICHIESTE DELL’UCRAINA ALLA CHIESA: LE PAROLE DI PAROLIN

Zelensky sembra così allontanare l’ipotesi di una tregua imminente, come invece auspicato dal Vaticano con l’inizio della missione di pace: come aveva però già spiegato il “ministro degli Esteri” della Santa Sede, Mons. Gallagher, la missione è tutt’altro che semplice e sarà molto lunga, «la Chiesa è come un giocoliere». Zuppi a Kiev doveva porre i primi semi di una diplomazia che correrà per settimane nel “sottobosco” delle tensioni geopolitiche e la mancanza di una comunicazione ufficiale fa già capire come si voglia limitare il più possibile la “pubblicità” della missione a vantaggio della segretezza e discrezionalità.



Restano le richieste fatte dall’Ucraina al Vaticano, esposte da Zelensy nel colloquio con il Presidente CEI: «solo gli sforzi congiunti, l’isolamento diplomatico e la pressione sulla Russia possono influenzare l’aggressore e portare una pace giusta nella terra ucraina». Per questi motivi, chiosa Kiev, si invita la Santa Sede a «contribuire all’attuazione del piano di pace ucraino: mentre la guerra continua sul territorio dell’Ucraina, l’algoritmo per raggiungere la pace può essere solo ucraino». Secondo Zelensky, la Santa Sede «può dare un contributo fattivo alla liberazione dei prigionieri ucraini, al ritorno dei bambini deportati e al ripristino della giustizia». Secondo quanto riportato dal nunzio apostolico a Kiev, Visvaldas Kulbokas, il cardinale Zuppi «è stato molto grato per l’attenzione e per un colloquio importante volto a cogliere il pensiero e le riflessioni sulla situazione politica e sulle possibilità umanitarie in Ucraina, sulle quali dovrà poi riflettere insieme al Santo Padre». Per l’ambasciatore ucraino del Vaticano, Andrii Yurash. Ospite di “Start” su Sy Tg24, «L’Ucraina prende molto sul serio la missione. È a favore di questo tipo di iniziative: la guardiamo come una missione, missione connessa con la Chiesa cattolica, autorità morale tra le più influenti al mondo e seguita in tutto il mondo». Rispondendo ad alcune domande dei giornalisti in Vaticano, il Segretario di Stato Card. Parolin conferma tanto la missione di pace con l’Ucraina quanto l’intenzione del Papa di inviare Zuppi anche a Mosca: «Adesso si vedrà con il cardinale Zuppi, una volta che torna, lui dovrebbe essere qui tra qualche ora, è già tornato, si vedrà con lui che cosa fare, quali ulteriori passi compiere. Da parte del Papa l’idea era nata proprio come una missione da compiersi nelle due capitali. Quindi dovrebbe rimanere aperta la prospettiva di Mosca, però adesso concretamente si vedrà». La missione del cardinale Zuppi – ha sottolineato il cardinale – era intesa come «una collaborazione, un contributo, un ulteriore contributo che anche la Santa Sede può dare alla pace. Credo che, per quello che è avvenuto lì, non è avvenuto niente di nuovo rispetto a quanto il presidente Zelensky aveva detto al Papa, a quanto aveva spiegato al Papa».