Nei giorni scorsi parlavo di questa “strana coppia”, Vaticano e Cina, che in questo momento sembra si stiano muovendo in parallelo alla ricerca di una soluzione diplomatica della guerra in Ucraina.
Credo proprio che questo non avvenga per caso. Ricordo che il 14 settembre mi trovavo ad Astana in occasione della visita pastorale in Kazakistan di Papa Francesco e che tutta la città era piena di bandiere del Vaticano e della Cina, esposte in modo alternato.
Quel giorno il leader cinese Xi Jinping arrivò ad Astana, dove il giorno prima era già arrivato il Papa, ed ebbe un importante incontro con il presidente Tokayev. Come ho già riferito, in quell’occasione il capo della Cina assicurò il Kazakistan che avrebbe sempre garantito l’integrità territoriale del Paese, cosa che sino ad allora aveva sempre fatto la Russia nei confronti della Cina.
È evidente che il riferimento alla garanzia dell’integrità territoriale era diretto anche alla situazione della guerra in Ucraina. Anche perché la visita a Tokayev era una tappa del viaggio di Xi Jinping per la Conferenza di Shangai a cui partecipa anche la Federazione Russa.
Dopodiché qualcuno potrebbe osservare che la Cina sembra in qualche modo appoggiare Putin, facendogli da partner economico in tempo di sanzioni. Questo è vero, ma è anche evidente a chi ne capisce qualcosa che la Cina sta anche garantendo la Russia nei confronti dell’Occidente, in particolare nei confronti degli Stati Uniti, nemico ormai giurato del grande colosso asiatico.
Ora la prospettiva di una possibile guerra nucleare non preoccupa solo la Chiesa, per ovvi motivi, ma anche la Cina, perché in un momento in cui sta cercando di “occupare in modo pacifico” gran parte del mondo (vedi la sua politica africana), non vuole certo che questo mondo salti per aria. Cosa che avverrebbe se Putin scegliesse il ruolo di “Muoia Sansone con tutti i Filistei”; ma se la Cina non ha nulla in contrario che muoia Sansone, non potrebbe permettere che muoiano i suoi potenziali sudditi Filistei. E in effetti, se fossi Putin – si fa per dire – direi ai miei servizi segreti di guardarmi bene anche dai cinesi!
In questa situazione ci sono anche alcuni cattolici “duri e puri” che si stanno scandalizzando delle iniziative, per altro per ora molto riservate, del Vaticano. Ma come si fa – pensano – a dialogare con tanti potenziali nemici della Chiesa e signori del male? In verità è sempre stata una regola indiscussa del Vaticano di mantenere sempre relazioni diplomatiche con chiunque siano state stabilite. Il giudizio politico è un conto, il bene comune è un bene prevalente.
Non a caso il fondamento dell’azione diplomatica della Chiesa, cioè del Vaticano, è una Costituzione che si chiama Vangelo, dove, tra l’altro, sta scritto: “Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con 10mila uomini che gli viene incontro con 20mila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere la pace” (Lc 14, 30-33).
Ora in Ucraina i due nemici sembrano, per ragioni diverse, entrambi nella condizione di non poter vincere, anche se non lo dicono. È per questo, mi sembra, che sia il momento giusto per chiedere quali sono le condizioni per la pace. A meno che non cada su tutti una “pace eterna”, quella dell’Eterno riposo. Ma a questo siamo pronti?
Diversi amici insistono a chiedermi un parere sulla posizione del Vaticano. Ovviamente chiunque capisce che sarebbe un atto di imperdonabile presunzione, o meglio un vero e proprio inganno, pretendere di dire cosa dirà o avrà detto Papa Francesco a Zelensky.
Non è però impossibile ricostruire quale è stata la posizione della Santa Sede e non solo sull’Ucraina. Sempre e dovunque Papa Francesco ha espresso una forte critica non solo alle dittature, ma anche a quelle democrazie che, a volte, tendono a non rispettare il popolo. Nel senso che questi, non sentendosi compreso né dai governi, né dalle opposizioni, ha smesso di partecipare alla gestione della democrazia, come in Italia e altrove.
Nel caso della guerra in Ucraina si tratta di fare in modo che non solo i leader russi e ucraini, ma anche quelli della comunità internazionale, facendo una tregua e creando nel tempo condizioni di convivenza accettabili, permettano alle popolazioni delle aree contese di arrivare a una libera scelta da parte loro. La scelta potrebbe non essere solo se appartenere all’Ucraina o alla Federazione Russa, ma anche quella di vivere in una condizione di protettorato, garantito non solo dal diritto internazionale, ma anche da un’adeguata protezione militare di Paesi neutrali (non necessariamente quella poco affidabile dell’Onu). Questo prevederebbe la smilitarizzazione delle zone ora contese, salvo restando, ovviamente, il servizio di polizia locale.
Certo questa posizione sarebbe un cambiamento di 360 gradi del modo di intendere anche altre questioni di altri conflitti in atto. Ma credete che sarebbe un male?
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