“Molto bene la luce verde della Commissione europea alla creazione di una Zona economica speciale unica per le Regioni del Sud Italia. Lo sviluppo dell’economia del Mezzogiorno è una priorità del nostro Governo. Siamo però convinti che questo obiettivo debba essere raggiunto abbandonando la logica assistenziale che non funziona, ma dando opportunità di lavoro e crescita e rendendo queste aree del Paese competitive e attrattive per investimenti e imprese. La Zes unica va esattamente in questa direzione e costituisce un cambio di passo per l’economia del Sud”. Con queste parole la Premier Meloni ha salutato il grande risultato raggiunto dal ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, che ha ottenuto il primo via libera dall’Ue per fare diventare tutto il Sud zona Zes (Zona economica speciale). Un risultato molto importante e tutt’altro che scontato che mostra ancora una volta come l’incessante interlocuzione del ministro, che ha la delega al Pnrr, che sta portando avanti con la Commissione europea, si sta dimostrando efficace.



Il 13 luglio Fitto a Bruxelles ha ottenuto dalla commissaria per la Concorrenza e Vicepresidente della Commissione Margrethe Vestager il sì per allargare a tutto il Sud (attualmente sono solo 8 le Zes nel nostro Paese) la qualifica di Zona economica speciale. Per Zona economica speciale si intende un ambito geografico in cui le aziende (già operative o desiderose di insediarsi) beneficiano di condizioni di favore per gli investimenti. Una Zes unica per il Mezzogiorno sostituirebbe le otto costituite nel 2017 in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna nell’ambito delle Politiche di Coesione.



Le zone speciali sono state create nel 2013 e il nostro Paese si è adeguato con il decreto legge 91 del 2017, sotto il Governo Gentiloni. Nel decreto si legge espressamente che per Zes “si intende una zona geograficamente delimitata e chiaramente identificata” in cui “le aziende già operative e quelle che si insedieranno possono beneficiare di speciali condizioni, in relazione alla natura incrementale degli investimenti e delle attività di sviluppo di impresa”. Si tratta di un’opportunità importante per il rilancio del Mezzogiorno e, come ha ribadito lo stesso Fitto in un’intervista al Mattino, conferma la grande attenzione del Governo verso il Mezzogiorno e il suo rilancio, malgrado le polemiche recenti sorte a proposito della proposta di autonomia differenziata da parte del ministro Calderoli. “La proposta di una Zes unica così come anche il lavoro che stiamo portando avanti con le Regioni sulle risorse europee e nazionali vanno nella giusta direzione”, ha detto il ministro.



La misura mira sostanzialmente a estendere a tutto il Mezzogiorno le semplificazioni e accelerazioni, nonché le riduzioni dei tempi dei processi autorizzativi e le norme di sostegno per le imprese previste per le Zone economiche speciali. “Come tutti i progetti ambiziosi, le Zone economiche speciali (Zes) rappresentano allo stesso tempo un’opportunità e una sfida. Un’opportunità perché le Zes offrono alle aziende che investono nel Mezzogiorno incentivi fiscali e snellimenti burocratici. Le Zone economiche speciali intervengono quindi in maniera organica sui fattori più spesso citati come criticità dalle aziende che operano nel nostro Paese, ponendo così le basi per il rilancio del tessuto imprenditoriale di interi territori. Una sfida perché le opportunità che si aprono potranno essere colte pienamente solo se tutti gli attori – privati e istituzionali – daranno prova di avere ampie competenze e un’adeguata capacità di progettazione”, si legge in un recente rapporto sul tema della società di consulenza Pwc.

Il Direttore della Svimez, l’associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno, Luca Bianchi, in un recente convegno ha ribadito come “la vera sfida delle Zes è attrarre nel Mezzogiorno investimenti nazionali ed esteri, in grado di favorire l’ampliamento e l’integrazione del sistema produttivo meridionale nelle filiere strategiche europee innescando un circolo virtuoso che possa creare nuova occupazione qualificata. In altre esperienze europee e non solo le Zes hanno contribuito in modo decisivo nel favorire processi di sviluppo. Ciò può avvenire anche in Italia, mettendo a sistema gli interventi di semplificazione burocratica e di incentivo fiscale previsti dalle Zes con le opportunità di investimento del Pnrr. Le Zes possono aprire una nuova stagione per le politiche di sviluppo del Mezzogiorno, ad esempio cogliendo al volo l’occasione offerta dalla rilocalizzazione di tante aziende che stanno lasciando la Gran Bretagna per timore degli effetti della Brexit”.

Secondo le più recenti stime a disposizione, oggi nel mondo esistono più di 4.300 Zes, istituite da oltre 130 Paesi, le imprese insediate in queste zone danno direttamente lavoro ad almeno 40 milioni di persone e il loro export vale circa 200 miliardi di dollari. Sempre secondo i dati che si evincono dal rapporto di Pwc, “il caso più emblematico (e più studiato) è sicuramente quello cinese. Stando agli ultimi dati disponibili, le Zes contribuiscono da sole al 22% del Pil della Cina, al 46% degli investimenti diretti esteri che ogni anno arrivano nel Paese e al 60% delle esportazioni del gigante asiatico”.

Uno degli esempi più eclatanti di quanto le Zes possano agire da volano per lo sviluppo di uno specifico territorio è forse quella registrata a Shenzhen, la città cinese, dove nel 1980 è stata inaugurata la prima Zes cinese. Se fino a quella data era un semplice villaggio di pescatori, oggi Shenzhen è una metropoli di 12 milioni di abitanti, con un Pil superiore ai 338 miliardi di dollari (maggiore quindi di quello di Paesi come Singapore e Hong Kong). In Europa, il Paese che conta il numero maggiore di Zes è la Polonia (14). Le 14 Zes polacche hanno permesso di raggiungere alcuni importanti risultati, come per esempio quello di attrarre oltre 170 miliardi di euro di investimenti fissi cumulati fino al 2015. Nelle Ze, il tasso di disoccupazione è tra 1,5 e 2,9 punti percentuali inferiore rispetto a quello nazionale medio. Sempre in queste zone a statuto economico speciale è stato possibile creare oltre 280.000 nuovi posti di lavoro. Proprio per i vantaggi conseguiti, il Governo polacco ha deciso di estendere gli effetti temporali delle Zes, che dovevano cessare la propria operatività al 2020, prorogando la misura fino al 2026.

Ecco allora che scorrendo questi semplici dati l’iniziativa del ministro Fitto sembra andare nella direzione giusta di un nuovo rilancio del Mezzogiorno, che dovrebbe oltretutto beneficiare per questo obiettivo, anche in sinergia con i fondi del Pnrr. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, infatti, destina 630 milioni di euro, divisi tra le attuali 8 aree in Zona economica speciale, per investimenti infrastrutturali volti ad assicurare un adeguato sviluppo dei collegamenti delle aree Zes con la rete nazionale dei trasporti, in particolare con le reti Trans Europee (Ten-t) per rendere efficace l’attuazione delle Zes.

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