A settembre dello scorso anno è stato convertito in legge il D.L. n° 124/2023 che ha introdotto la Zes unica. Il provvedimento ha riperimetrato le Zes già vigenti ampliandole a tutti i territori ricompresi nelle Regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna, Molise e Abruzzo. Assonime ha evidenziato che la riforma delle Zes interviene soprattutto in tre ambiti: la governance, le semplificazioni procedurali e i benefici fiscali.



Il Governo, in tema di governance, ha previsto un nuovo sistema di gestione per favorire una programmazione maggiormente integrata e coordinata in grado, comunque, di preservare le specificità territoriali. L’obiettivo dovrebbe essere garantito da una struttura di missione alle dipendenze del ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr che dovrà presiedere al rilascio delle autorizzazioni.



In tema di semplificazioni procedurali è invece previsto che i progetti riguardanti l’insediamento di attività industriali, produttive ed economiche all’interno della Zes unica, vengano considerati di pubblica utilità, indifferibili e per questo regolati da un iter autorizzativo “semplificato” individuato nell’autorizzazione unica. Quest’ultima sostituisce tutti i titoli abilitativi e autorizzatori, comunque denominati, necessari all’avvio di nuove iniziative economiche e sarà rilasciata per il tramite dello Sportello unico digitale.

Gennaio 2024 doveva segnare l’avvio della Zes unica, ma così non è stato. La struttura di governance entrerà a regime entro il 1° marzo. Si tratta di uno slittamento di due mesi. A oggi mancano le norme che regolano l’accesso ai diversi “benefici” previsti dalle norme istitutive e manca lo strumento che dovrà definire come debba essere evitato che venga superata, in tema di incentivi, la soglia dei fondi stanziati. Questo strumento è prioritario affinché possa essere evitato che l’incentivo finisca per essere un boomerang per le finanze statali e per le imprese. Nei fatti si dovrà tener conto delle esperienze, spesso fallimentari, del passato: Tremonti Sud, Superbonus, bonus facciate ecc.



In tema di semplificazioni procedurali va evidenziato poi che al momento non è stato “completato” l’adeguamento del sistema informatico, sportello digitale, che dovrà consentire il dialogo tra lo sportello unico regionale e quello della nuova struttura di missione.

Non secondario poi e altrettanto mancante è il tema della definizione degli incentivi fiscali consistente nel riconoscimento alle imprese di un credito d’imposta sugli investimenti che andranno a effettuare. L’istituzione della Zes unica ha previsto uno stanziamento pari a 1,8 miliardi con i quali finanziare il credito d’imposta esteso a tutte le zone assistite. Il ridotto stanziamento del credito di imposta al pari della previsione per il solo 2024, peraltro, fino al 15 novembre, appare una grossa limitazione.

Le Zes non sono una novità esistevano già e dovevano garantire al Mezzogiorno gli strumenti in grado di esaltare e valorizzare le sue potenzialità, ma la burocrazia ne ha ostacolato il successo. La Zes unica vorrebbe esaltare il ruolo del Mezzogiorno sul presupposto della nuova centralità del Mediterraneo, anche quale ponte verso l’Africa, in una prospettiva di ridefinizione dei traffici commerciali e delle catene del valore. Il suo successo sarà senza dubbio condizionato dalla capacità della governance di essere all’altezza della sfida.

L’esperienza maturata a livello internazionale conferma che le Zes possono favorire lo sviluppo dei territori e delle aree regionali economicamente più svantaggiate. In Europa spicca il caso della Polonia che si distingue per l’entità degli investimenti esteri attratti e per le ricadute positive sull’occupazione.

I ritardi sin qui accumulati potranno essere dimenticati se saranno utili a dare concretezza a questo strumento di politica industriale. A livello globale, infatti, si assiste a una riconfigurazione del valore delle catene globali (cd friendshoring/reshoring). La sfida della Zes unica è quindi ambiziosa e stimolante. L’attuale contesto storico e geopolitico rende concreta l’opportunità per il Mezzogiorno di attrarre investimenti significativi. Sarebbe da valutare pertanto la definizione, anche rimodulando taluni fondi del Pnrr, di un piano infrastrutturale di talune aree industriali meridionali, nonché, la riformulazione delle Governance delle ASI (Aree di sviluppo industriale) che si sono spese caratterizzate per essere inadeguate a favorire lo sviluppo.

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