Zi Faámelu, artista trans, ha raccontato a “Verissimo” la sua fuga dall’Ucraina. Accompagnata in studio da Vladimir Luxuria, Zi ha esordito dicendo: “Quando ho fatto coming out a 24 anni, il giorno del mio compleanno, la mia famiglia – che ha una mentalità un po’ ristretta – non ha accettato questa mia scelta. Mio padre mi disse che io da quel momento per lui ero morta. In Ucraina, inoltre, mi è stato negato l’accesso alle radio e alle tv, ma ciò che ho fatto là è stato un grande successo: stiamo parlando di un Paese molto transfobico”.



Quando si è presentata alla frontiera per abbandonare la sua nazione vista l’offensiva militare sferrata dalla Russia, Zi Faámelu ha esibito i suoi documenti, sui quali, alla voce “sesso”, era impressa la lettera “M”: “Io ho tentato di passare da una città all’altra, ma mi hanno riconosciuto. Ridevano, mi hanno scattato foto, hanno detto cose irrispettose nei miei riguardi. Al secondo checkpoint io sono caduta nella loro trappola. Mi hanno detto che avrei dovuto firmare dei documenti per andarmene, invece erano documenti di reclutamento nell’esercito. Fortunatamente una donna mi ha comunicato che dovevo fare una visita medica in ospedale. Mi hanno quindi lasciato libera fino al giorno dopo. Era notte, era buio. Il mio autista rumeno mi ha chiesto se sapessi nuotare, per provare a raggiungere a nuoto il confine”.



ZI FAÁMELU: “DUE MILITARI MI HANNO CHIESTO SE FOSSI PRONTA A MORIRE”

Nel prosieguo della sua narrazione a “Verissimo”, Zi Faámelu ha spiegato che quel piano dell’autista è prontamente naufragato, in quanto, quando si sono avvicinati al corso d’acqua, hanno trovato i soldati ad attenderli: “Due militari ci stavano aspettando e mi hanno chiesto se fossi pronta a morire. Avevano gli occhi carichi di odio. Non appena ho sentito queste parole, ho pensato che avrei dovuto cercare di salvarmi la vita. Di fatto, mi sono buttata da tre metri di altezza e ho visto che stavano arrestando questo autista e stavano tentando di inseguirmi. Il fiume aveva una corrente fortissima e anche i militari più allenati avrebbero avuto difficoltà nell’attraversarlo. Tuttavia, sapevo che era la mia unica chance di salvezza. Ho bevuto un sacco di acqua, poi sono tornata in superficie e in qualche modo sono riuscita ad attraversare il fiume. Ero talmente sotto choc per tutto ciò che stava accadendo che non sapevo neppure dove fossi. Ho visto davanti a me un campo enorme e ho iniziato a gattonare. Non avevo più forze, stavo veramente per arrendermi”.



Successivamente, “ho urlato contro i soldati: ‘Voi non mi meritate!’. Mi sono quindi alzata e, zigzagando, ho superato quel campo, e la polizia rumena mi ha accolto. Avevo la bava alla bocca, i capelli sconvolti. Continuavo a dire singole parole e frasi sconnesse. Loro hanno capito, sono stati molto gentili e delicati. La mattina dopo mi hanno portato presso un campo di rifugiati in Romania e sono stata trasferita in Germania, dove vivo oggi da rifugiata”.