Per l’ex segretario del Pd Nicola Zingaretti, le dimissioni che hanno portato all’arrivo di Enrico Letta al Nazareno sono un fattore ancora “traumatico” non del tutto superato dal Governatore del Lazio: «Io l’ho fatto per il Pd, per impedire una guerra fratricida. Penso sia arrabbiato con chi in maniera ipocrita, senza mai aprire un dibattito alla luce del sole, ogni 12 secondi faceva un distinguo o una polemica per logorare. Io ho sempre usato la pala per costruire, mai il piccone per distruggere. La strumentalità delle polemiche contro di me era evidente e paralizzante, quindi mi sono fatto da parte e ho messo una classe dirigente davanti alle sue responsabilità».



Lo ha spiegato Zingaretti a Maria Teresa Meli sul “Corriere della Sera” rivelando gli ultimi mesi alquanto difficili alla guida del Partito Democratico, mentre parallelamente proseguiva la battaglia al Covid-19 in Regione (con il Lazio, assieme alla Lombardia, tra le migliori a gestire la campagna vaccinale).

ZINGARETTI, LE DIMISSIONI E IL FUTURO DEL CENTROSINISTRA

Sulle dimissioni in particolare nello scorso marzo, il Governatore rivela di aver preso la decisione sofferta «con mia moglie e con la mia famiglia», sottolineando l’importanza di un rinnovato rapporto familiare molto stretto a seguito dell’esperienza difficile del contagio da COVID-19 ad inizio 2020. Zingaretti non nasconde che dovrà venire il tempo di valutare il perché di quell’acredine «verso un segretario che aveva preso il partito al minimo e lo aveva risollevato, spero davvero che il problema non fosse proprio quello». Non nasconde di aver voluto ancora Giuseppe Conte al Governo nei mesi della staffetta con Draghi a Palazzo Chigi, ma aggiunge «dal giorno dopo la formazione del governo io dissi che quell’esecutivo era come una bicicletta, che va avanti solo se cammina. Sono stato io ed è stato il Pd a chiedere a Conte la verifica e questo fa giustizia di tutte le stupidaggini create ad arte su una nostra presunta subalternità o accondiscendenza nei suoi confronti. Noi volevamo rinnovare quel governo per evitare che l’unico progetto politico alternativo alle destre finisse. Renzi invece riteneva che quell’esperienza fosse conclusa». Il Centrosinistra però ad oggi non può fare a meno di Conte e del M5s, sostiene Zingaretti, anche se Draghi sta facendo benissimo alla guida del Paese: «Non bisogna confondere, come si è fatto nel 2018, l’idea del partito a vocazione maggioritaria con quella del partito a vocazione solitaria. Letta fa bene a tenere aperto il tema delle alleanze. Da soli si fa la fortuna di qualche pseudo leader che comunque rifarà il parlamentare grazie alla sua setta che si ripresenta alle elezioni, però non si trasforma l’Italia: la si consegna alle destre».



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