Era l’8 marzo 2021 quando il direttore sanitario dell’ospedale Lazzaro Spallanzani – eccellenza medica in Italia nel campo delle malattie infettive – Francesco Vaia annunciava la produzione del vaccino Sputnik in Italia: l’iter si è solo congelato al momento per la mancanza degli ultimi ostacoli burocratici tra Ue e Russia, con la situazione ancora poco chiara in merito al via libera o meno dell’Ema sul vaccino russo. Ma resta importante il lavoro di scambio che continua a procedere sull’asse Roma-Mosca, così importante che però oggi “La Verità” in edicola esce con uno scoop sul contenuto di quello “scambio”: «la Regione Lazio di Zingaretti e l’Istituto Spallanzani chiudono un accordo con Gamaleya per avere il vaccino Sputnik V», riporta l’inchiesta di Claudio Antonelli e Giorgio Gandola.



Secondo quanto riportato dal quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, in Italia si potranno sperimentare l’effetto del vicino russo su 600 volontari che hanno già ricevuto la prima dose con AstraZeneca, ma dall’altro saranno forniti dati genetici dei pazienti all’istituto di Mosca finora in mano alla biobanca dello Spallanzani: «Con le informazioni sensibili, Gamaleya potrà sviluppare e far crescere la seconda vita di Sputnik, incrociando gli effetti sulle varianti del virus». La conferma è giunta ieri su Repubblica ove si scopre che ai russi saranno vedute informazioni su 120 ceppi virali in cambio di campion prelevati da chi ha ottenuto le fiale della Russia: il nodo però, sottolinea “La Verità”, «è che in caso di controversie non ci sarà un giudizio e l’accordo si scioglierà».



SCOOP ‘LAVERITÀ’: LO “SCAMBIO” LAZIO-MOSCA

A quel punto però ai russi rimarranno i dati sensibili dei pazienti italiani con potenziali problemi importanti in termini di privacy e libertà personali: la polemica politica è anche abbastanza “banale”, con la giunta del Pd laziale che affida ai russi – ‘vittime’ in queste ore delle nuove dure sanzioni dell’Unione Europa – dati sensibili, salvo poi lamentare le amicizie e gli “scambi” tra Lega e Putin. Ma al di là della questione politica, vi è ben di più nella vicenda Spallanzani-Sputnik: «Ai sensi dell’articolo 45 del Gdpr il trasferimento di dati personali verso un Paese terzo o un’organizzazione internazionale è ammesso se la Commissione ha deciso che il Paese terzo in questione garantisca un livello di protezione adeguato», spiega l’avvocato Giulia Aranguena (esperta di blockchain e normative privacy) raggiunta da “La Verità”.



E la Russia in questo senso è tutt’altro che un Paese considerato sicuro da Bruxelles: con il possibile “fallimento” dell’operazione Reithera, il vaccino italiano che rischia di rimanere “azzoppato” se realmente l’Unione Europea cesserà di acquistare vaccini simili ad AstraZeneca o Johnson & Johnson (cioè quelli non a tecnologia mRna), la Regione Lazio vorrebbe cambiare versante per provare il successo del vaccino prodotto in “patria”. Ma il contesto internazionale è cambiato e non poco negli ultimi mesi: solo ieri dagli Usa si paventavano possibili sanzioni laddove la Germania utilizzi lo Sputnik come vaccino acquistato. Ecco che “La Verità” arriva a chiedersi, «Proprio sicuri valga la pena offrire i dati genetici degli italiani, rischiare sanzioni senza la certezza di avere un vaccino aggiuntivo e dall’altra parte offrire a Zingaretti un ritorno politico?».