Il 5 marzo del 2020 il Governo Conte-bis aveva pronto, già scritto e firmato dal Ministro della Salute Roberto Speranza, un Decreto legge per imporre la zona rossa ad Alzano, Nembro e i Comuni della Val Seriana per limitare la diffusione del coronavirus. Il Premier Conte però non lo firmò e solo qualche giorno dopo arrivò a chiudere l’intero Paese con il primo grande lockdown di massa della storia italiana ed europea. Grazie al portale “Valseriana” e al prezioso lavoro ricostruito dalla collega Gessica Costanzo, viene pubblicato ora quasi integralmente quel Decreto 5 marzo di fatto “fantasma” visto che non vide mai la luce del sole.
Dopo la recente decisione del Consiglio di Stato che di fatto impedito la pubblicazione degli atti del Viminale (nata da richiesta dell’Agenzia AGI che poneva il semplice quesito sul perché 400 uomini e donne, tra carabinieri, polizia, guardia di finanza ed esercito, vennero prima inviati in Val Seriana il 5 marzo 2020 e poi, 3 giorni più tardi, ritirati dall’area determinando la mancata zona rossa in anticipo sul lockdown nazionale), l’attenzione ora si sposta su quel decreto venuto in possesso del sito “Valseriananews.it”. Il documento si trova agli atti della Procura di Bergamo – che indaga anche sulla mancata zona rossa ad Alzano e Nembro – ed è stato mostrato per la prima volta in tv nella puntata del 4 giugno di Tv7 su Rai1 con il servizio a firma di Stefania Battistini.
PERCHÈ CONTE NON FIRMÒ QUEL DECRETO?
Gli strumenti per chiudere l’area, come avvenuto pochi giorni prima a Codogno e Vò Euganeo, vi erano tutti ed è da quel punto iniziale che è sorta l’indagine su Regione Lombardia e sullo stesso Governo: come hanno più volte sottolineato Fontana e l’allora n.1 del Welfare lombardo Gallera, la richiesta venne fatta informalmente al Governo Conte per chiudere i Paesi della Val Seriana, tanto che si arrivò al Decreto quel 5 marzo già siglato dal Ministro della Salute. Come ha recentemente raccontato il giornalista dell’Espresso Fabrizio Gatti presso la Commissione Affari Esteri, nelle chat con l’allora capo della Protezione Civile Borrelli emerse il caos dei giorni prima del lockdown, con Ministri e il Premier che di fatto esautorarono scienziati e tecnici nel prendere le decisioni giorno dopo giorno. È stata invece Francesca Nava sul “Domani” a rivelare come la prima mappa epidemiologica della Lombardia venne inviata all’Iss tra il 2 e il 3 marzo. Ed è in quell’occasione che il Cts informò il premier Conte sulla necessità di ampliare le zone rosse anche ai due comuni bergamaschi: “Valseriana news” invece sottolinea come Conte abbia raccontato ai magistrati di aver saputo della situazione solo il 5 marzo, ma si prese «del tempo per decidere. Tempo prezioso che, nonostante l’indicazione finalmente scritta del 3 marzo del Cts di chiudere i due comuni, si protrasse, oggi possiamo dirlo, fino al 5 marzo». Il Decreto poi viene effettuato il 5 marzo, ma senza la firma più importante di Palazzo Chigi: si scelse di attendere a chiudere l’intera Lombardia l’8 marzo e poi l’Italia intera solo due giorni dopo. Conclude Costanzo il suo focus con un quesito, che condividiamo: «non aver subito cinturato i due comuni ha contribuito alla diffusione del virus e all’alta mortalità?».