INCHIESTA COVID, LA NOVITÀ CHOC SULLA MANCATA ZONA ROSSA

Si potevano salvare 4mila persone se fosse stata istituita la zona rossa ad Alzano Lombardo, Nembo e gli altri Paesi della Bergamasca nel febbraio-marzo 2020? A questa domanda hanno provato a rispondere i pm di Bergamo nelle indagini chiuse negli scorsi giorni sulla vasta inchiesta Covid che porta ad essere indagati – a vario titolo (qui tutti i capi di accusa specifica e gli indagati, ndr) – l’ex Premier Giuseppe Conte, l’ex Ministro della Salute Roberto Speranza, il Presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana e tutti i vertici delle istituzioni sanitarie nazionali all’epoca (Cts, Iss e Css). Al netto delle “anomalie” sulla comunicazione delle indagini (indagati che lo scoprono sui media, anticipazioni su verbali ai giornali e interviste a mezzo stampa del procuratore generale Chiappani) un dato emerge con chiarezza nelle ultime scoperte fatte dagli investigatori negli scorsi mesi.



Come rivela oggi il “Corriere della Sera”, in una cartellina chiusa in un cassetto al ministero della Salute c’era una bozza di decreto in data 4 marzo 2020 che avrebbe previsto l’aggiunta dei comuni nella Bergamasca, Alzano Lombardo e Nembro, alla lista degli 11 paesi già in zona rossa. I pm di Bergamo trovarono nei mesi scorsi quel documento che ha rappresentato una sorta di svolta nelle indagini dopo le audizioni precedenti dello stesso Conte e Speranza in Procura. Nel giugno 2020 in un primo colloquio con l’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte emerse che la scelta di non istituire la zona rossa fino al 7 marzo (quando venne allargata a tutta la Lombardia, ndr) fu una scelta condivisa da tutto il Governo. Ecco che però da quei documenti ritrovati al Ministero il tema cambia: in quella bozza di decreto mostrata dal “Corriere” (ricevuta da fonti della Procura) si vede chiaramente la firma del Ministro Speranza ma non quella decisiva del Premier, oggi leader M5s.



PM BERGAMO SU INCHIESTA COVID: “SI EVITAVANO 4MILA MORTI”. LA REPLICA DELL’EX PREMIER CONTE

Proprio quel “tentennamento” tra il 3 e il 7 marzo – non seguendo le indicazioni urgenti del Cts, accordate dal Ministro della Salute – portò, secondo gli inquirenti dell’inchiesta Covid di Bergamo, ad un ritardo di azione dalle tragiche conseguenze. Secondo quanto spiegato ieri dal procuratore Chiappani, facendo leva sul parere redatto dal microbiologo Andrea Crisanti (oggi senatore Pd, ndr), gli inquirenti ritengono che la mancata introduzione della zona rossa nei paesi della Bergamasca ha portato alla morte evitabile di oltre 4mila morti. «Il nostro problema è stato sì quello del mancato aggiornamento del piano pandemico, e questo riguarda un lato ministeriale, ma anche la mancata attuazione di quegli accorgimenti preventivi già previsti nel piano antinfluenzale comunque risalente al 2006. Se la zona rossa fosse stata estesa sin da subito si sarebbero evitate oltre 4mila morti», ha detto il procuratore generale, aggiungendo «Gli indagati con le loro decisioni avrebbero causato la diffusione dell’epidemia in Val Seriana; con un incremento stimato non inferiore al contagio di 4.148 persone, pari al numero di decessi in meno che si sarebbero verificati se fosse stata estesa la zona rossa a partire dal 27 febbraio 2020».



Per questo motivo l’ex Premier Conte viene ora indagato per epidemia colposa mentre il suo ex Ministro della Salute Roberto Speranza non viene chiamato in causa (se non per la mancata applicazione del Piano pandemico): la firma sul decreto c’era, ma l’allora Premier Conte non se la sentì (secondo gli inquirenti) di chiudere anticipatamente quei Comuni in zona rossa. Ieri sera dopo il termine del Consiglio nazionale M5s, Conte ha provato a dare la sua versione in merito alla maxi inchiesta Covid: «Non c’era un vademecum, abbiamo seguito un percorso, e ritengo di avere agito con la massima umiltà nel confronto con gli scienziati – i quali anche loro non esibivano certezze scientifiche nella prima fase della pandemia – con il massimo impegno e senso di responsabilità. Ho lavorato fianco a fianco con loro, di giorno e spesso la notte. Detto questo, ci sono verifiche giudiziarie e ben vengano, perché io credo che sicuramente i familiari delle vittime e tutta la comunità nazionale hanno il diritto che ci siano queste verifiche giudiziarie. Io sono assolutamente disponibile a confrontarmi e offrire la mia massima collaborazione in tutte le sedi giudiziarie che mi verranno offerte […] non mi sottrarrò a nessuna domanda ma non vi aspettate da me show mediatici».