Dall’inizio della pandemia abbiamo già sperimentato la zona rossa nazionale (lockdown), quella comunale (Codogno e Vo’, ma non solo) e quella regionale (come negli ultimi Dpcm): ma se fosse giunto il momento di “provare” le zone rosse provinciali? Non si tratta di una boutade, né di un azzardo ma di un quanto studiato da un modello scientifico-matematico prodotto dall’Humanitas Research Hospital di Milano.
Lo ha presentato lo specialista chirurgo Paolo Spada sulla pagina Facebook “Pillole di Ottimismo” dove sottolinea l’importanza di un modello che potrebbe contribuire da un lato a contrastare più efficacemente il Covid-19, dall’altro evitare le conseguenze nefaste della crisi economica, sociale e produttiva legate alle chiusure per i Dpcm anti-pandemia. Il modello funzionante – secondo lo studio qui nel link – sarebbe dunque quello di suddividere le vare province del Paese sulla base dell’incidenza di contagio (ovvero i casi ogni 100mila abitanti): alla vigilia di un nuovo Dpcm che già fa discutere per il riproporsi delle divisioni in “fasce di colori” con criteri rivisti e ristretti rispetto all’ultimo Decreto Covid.
LO STUDIO E LA CONVENIENZA
«Il vantaggio di questo modello – ha spiegato Spada nel presentare lo studio matematico – rispetto al sistema attuale è che esso si adatta rapidamente alla reale necessità del territorio, valorizzando il senso di responsabilità del cittadino»: si potrebbe infatti riaprire le attività fuori dalle presunte nuove zone rosse provinciali, stando attenti ovviamente ad un sensato contingentamento degli ingressi.
Nello studio Spada ha fatto così un esempio (mostrato anche dal focus del portale “IlDolomiti.it”), legato ad alternative concrete ai modelli nazionali: si sono stabilite le soglie in base alla disponibilità di posti letto non occupati da pazienti Covid: «La progressiva vaccinazione della popolazione – conclude Spada – riducendo gradualmente l’occupazione ospedaliera, alzerebbe proporzionalmente la soglia di restrizione». Osservando il modello fornito dall’Humanitas, le province del Nord Est potrebbero essere tutte sotto forte lockdown, con l’aggiunta di qualche provincia tra Piemonte, Lombardia e Liguria, parte della Romagna, della Puglia, della Calabria e della Sicilia. Ma con elasticità maggiore nell’entrare-uscire dalla fascia “rossa” e una maggiore adattabilità sul territorio per attività commerciali e produttive.