L’assunzione di troppi zuccheri, soprattutto quelli “liberi” cioè aggiunti ai prodotti alimentari e alle bevande contribuisce allo sviluppo di malattie cardiovascolari aumentando il rischio di infarto e ictus. La consueta revisione delle linee guida sul consumo di zuccheri aggiunti pubblicata sul British Medical Journal conferma i dati di alcuni studi e rinnova le raccomandazioni sulle quantità massime per evitare patologie gravi. Gli studi condotti fino ad oggi hanno dimostrato la sottile linea tra benefici e danni che esiste quando la quantità di zucchero introdotto nella dieta quotidiana supera il limite consigliato.
Ad elevate dosi infatti l’assunzione diventa dannosa con conseguenze che si ripercuotono sull’organismo generando patologie più o meno gravi. Queste vanno dal diabete, all’aumento della pressione sanguigna fino ad arrivare a danni cadriovascolari che comportano alti rischi di infarto. Le nuove ricerche effettuate su pazienti in tutto il mondo, soprattutto nelle zone dove è maggiormente diffuso il consumo di carboidrati e bevande dolci, hanno inoltre evidenziato una maggiore incidenza anche di altre malattie come cancro al pancreas, alla mammella alla prostata e danni alle strutture ossee. Si è reso necessario quindi pubblicare un rapporto di revisione, rinnovando le raccomandazioni e i limiti quotidiani.
Consumo di zuccheri e rischio malattie, i consigli dell’OMS
I consigli dei medici e dei ricercatori che hanno condotto negli anni studi sulla correlazione tra consumo di zuccheri aggiunti e sviluppo di malattie, si basano su dati scientifici e raccomandano una quantità massima da aggiungere ai cibi oltre che il limite di bevande dolcificate che è meglio non superare per evitare rischi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ed il World Cancer Research hanno stabilito che non bisognerebbe superare i 6 cucchiaini al giorno e non assumere più di una bevanda dolce a settimana, massimo da 355 ml.
Questo comprende lo zucchero bianco, quello grezzo ma anche il fruttosio. Inoltre, l’OMS ha anche consigliato di cambiare progressivamente i regimi alimentari nei bambini, per non esporli a rischio obesità e future condizioni cardiovascolari irreversibili, affermando che “È urgentemente necessaria una combinazione di una diffusa educazione sanitaria pubblica e di politiche adeguate a livello globale“.