Zucchero, all’anagrafe Adelmo Fornaciari, si è raccontato in un’intervista sul Corriere della Sera, nella quale ha ripercorso la sua lunga ed apprezzatissima carriera, oltre a parlare della depressione che ha condizionato, suo malgrado, buona parte della sua vita. Il suo nome, racconta partendo dall’inizio, deriva dal fatto che “mi chiamava così la mia maestra: introverso, sempre all’ultimo banco, non parlavo mai. Ero un bambino molto educato”, ricorda.
La musica, invece, ricorda Zucchero, divenne centrale nella sua vita a partire dai 9 anni quando, “a Reggio, avevamo un gruppetto, provavamo in canonica la domenica pomeriggio con il permesso del prete”. Confessa, infatti, che “nasco come musicista. Ho cominciato a scrivere i miei testi”, racconta, “per reazione. La mia casa discografica mi mise accanto Mogol“, il quale “si arrabbiò moltissimo. Sbraitava: ‘Voi non capite un caz*o'” ed anche dopo il successo, ricorda Zucchero, “fece firmare [i testi dell’album con la Randy Jackson Band] al figlio Cheope”. Mogol, infatti, spiegò a Fornaciari che “il mondo della musica era come un tirassegno: ‘Nel cerchio più esterno c’è la robetta; in quello più interno ci sono i cantautori; al centro, quello più piccolo, c’è solo Battisti. Fuori, tutto attorno, c’è il mare di me*da‘”, nel quale lui era stato inserito.
Zucchero: “Caddi in depressione dopo la rottura con Angela”
Zucchero, poi, nella sua intervista ha voluto anche dedicare un pensiero alla ex moglie Angela che, racconta, “mi ha massacrato. È stato un grande amore ed è stato un inferno”. Racconta, infatti, che “non sono mai riuscito a capirla, neanche adesso. Impenetrabile. Durissima. Mi sono sposato a 23 anni, lei era ancora più giovane. Mi aveva lasciato il giorno prima che partissi per il Forte Village” ma quando tornò accettò di sposarlo, “fino a quando una notte mi disse: ‘Ti lascio, non ti amo più’. Ma non so se mi abbia mai amato davvero“, confessa amareggiato.
Angela, tuttavia, per Zucchero fu anche la ragione per cui cadde in depressione. “Non riuscivo a combinare niente”, ricorda, “volevo farmi fuori. Stavo malissimo. Attacchi di panico fortissimi” che in più occasioni lo portarono anche a pensare di rinunciare a “salire sul palco”, come per “la tournée di Miserere”. I suoi agenti e produttori, quindi, racconta, “mi piazzarono dietro uno strizzacervelli”, perché l’alternativa era “ricoverarmi all’ospedale psichiatrico di Pisa, per un mese”. Zuccherò preparò la valigia per l’ospedale, ricorda, ma una volta arrivato “vidi una vecchietta incazzatissima che prende a borsettate un infermiere. Così fuggo e torno a casa”. Complessivamente, conclude, “ci ho messo sei anni a uscirne. Mi sono ricostruito pezzo a pezzo”.