Il rapporto tra gli artisti e la fede non è certo da oggi “complesso” e stratificato ma è sempre un elemento assai particolare quando un ateo convinto come Zucchero, al netto dell’età che avanza, inizia a contemplare la possibilità che quelle terre convinzioni atee possano “vacillare” con l’evolversi dell’esistenza umana. Intendiamoci, la spiritualità e la “sensazione” non sono esse stesse sintomo di conversione, bensì sono uno sguardo allargato verso una realtà che finora non era minimamente presa in considerazione: per questo che in “D.O.C.”, l’ultimo album di Adelmo Fornaciari, Zucchero quasi si stupisce di quanto riscoperto e scoperto all’interno della lunga lavorazione intima e non solo musicale. «Nuovo elemento spiritual? È vero, è come se ci fosse sempre una luce, un inizio di redenzione. Da ateo convinto mi sono ritrovato a parlare di qualcosa di meno terreno. Forse ha a che fare con la maturazione degli anni…» racconta nella lunga intervista a “Sette”, il settimanale del Corriere della Sera. La paura di invecchiare, certo, ma non solo: Zucchero rivela di volere e sognare un mondo più genuino e meno “costruito” «Vorrei un mondo più genuino, come credo di essere io… viviamo in tempi difficili ma esiste la possibilità di una redenzione..».
LA FEDE IN ZUCCHERO E L’INIZIO DI REDENZIONE
Con il consueto misto di blu, gospel, funky e rock, Zucchero “Sugar” Fornaciari rilancia l’esperienza della compagnia e dell’amicizia come valore “cardine” dell’esistenza umana: «Amo le persone genuine, dirette e semplici. Pane al pane, vino al vino. Purtroppo ne vedo sempre meno anche nei paesini come questo. Siamo di fronte a un’epidemia che contamina tutti. Riesco ad avere quel tipo di rapporto con una ventina di persone: alcuni amici del posto, un professore universitario di Genova con cui passo nottate a parlare di letteratura e cultura del territorio…», racconta ancora il cantante di “Diamante” ai colleghi di “Sette”. Sebbene non sia “convinta”, aleggia per l’intero album quel senso di rinnovata speranza mai trovata con così tanta forza negli album precedenti: come ha spiegato lo stesso Zucchero presentando ad inizio novembre l’album alla stampa, «Mentre rileggevo i testi delle 11 canzoni scelte ho sentito come se in ognuno di essi ci fosse una sorta di redenzione. Chiamiamola pure fede, non quella cristiana magari, ma pur sempre fede in qualcosa di superiore, una piccola speranza di salvezza dai mali del mondo». Interessante in questo senso l’aneddoto della benedizione natalizia del prete nella casa del papà poco prima che venisse a mancare: «Quando il prete veniva a benedire la casa, lui preferiva non esserci, si toccava i ‘maroni’ e lo mandava via, poi però quando si stava avvicinando l’ora della sua fine, dopo 8 anni di malattia, un giorno, quando il prete è arrivato a lui è rimasto. Non so cosa gli sia passato per la testa, magari ha soltanto pensato… ‘non si sa mai’… ‘just in case’».