Stavolta va a Washington. Il cardinal Matteo Zuppi, presidente della Cei e inviato da papa Francesco, è in questi giorni, fino al 19, nella capitale americana per continuare a tessere la tela della pace. Un lavoro che per il momento tende almeno a mantenere aperti i canali di dialogo tra le parti in guerra. Una missione nella quale potrebbe incontrare anche il presidente Biden e che fa il paio con quella di qualche settimana fa in Russia (ma è andato anche a Kiev) in cui si era occupato soprattutto dei bambini ucraini che sono stati portati via dall’Ucraina, quegli stessi per cui Putin è destinatario di un mandato per crimini di guerra da parte della Corte penale internazionale.
“La visita a Washington -dice Stefano Caprio, sacerdote cattolico di rito bizantino, in Russia dal 1989 al 2002, teologo ed esperto del mondo russo– non ha obiettivi dal punto di vista politico ma vuole testimoniare la possibilità di un dialogo”. Chiedendo anche che non vi sia un’escalation nell’uso delle armi, soprattutto a danno della popolazione civile, come fa presagire, ad esempio, l’invio delle bombe a grappolo da parte degli Usa a Kiev.
Qual è il motivo della visita di Zuppi a Washington?
La volontà, dopo la visita delle settimane scorse a Mosca, di tenere aperto il dialogo con tutt’e due le parti. Potrebbero anche stavolta affrontare la questione dei bambini che sono stati portati in Russia, per chiedere una mano nella risoluzione del problema. Principalmente, comunque, la Santa Sede vuol tenere vivo il dialogo per far capire che in realtà non c’è uno scontro fra l’Occidente e l’Oriente, tra culture e religioni diverse. Si tratta di una missione filosofica, evangelica, umanitaria.
La discussione non entrerà nel merito della guerra?
Non credo, la situazione vede due parti che continuano ad affrontarsi sul campo di battaglia. Non credo che il cardinal Zuppi possa chiedere agli americani di non mandare le armi, chiederà invece agli Usa di evitare stragi, di limitare il più possibile le ripercussioni sulla gente. Di fronte alle bombe a grappolo e alle bombe sui ponti della Crimea la richiesta potrebbe essere quella di evitare di andare a colpire la gente comune.
Gli americani danno credito al tentativo di dialogo della Santa Sede o questa visita serve solo per mantenere in generale buoni rapporti?
Solo per mantenere un dialogo a fini umanitari e caritativi. Non mi pare che ci siano, attraverso questo canale, possibilità di un accordo politico. Il Vaticano insiste sul fatto che la soluzione del conflitto non può essere politico-militare, ma che bisogna riportare tutto sul piano umano.
A livello di opinione pubblica in Russia questo tentativo del Vaticano ha qualche credito? Se ne parla?
I cattolici in Russia sono un po’ scettici su questo tentativo, non credono che possa portare a grandissimi vantaggi. E’ visto solo come una testimonianza.
Lo scontro fra Oriente e Occidente, invece, è un tema su cui il patriarca ortodosso Kirill, ad esempio insiste sempre. Nell’Occidente è compresa la Chiesa cattolica?
Anche ultimamente Kirill ha insistito molto su questi temi, sulla Russia che deve difendersi dal veleno dell’Occidente. La Chiesa cattolica per mantenere il dialogo deve dimostrare che anche in Occidente c’è un rispetto dei valori tradizionali, quelli della famiglia, valori che la Russia vuole difendere a tutti i costi. Kirill cerca da sempre di trovare una sponda nella Chiesa cattolica su questo. Lo aveva fatto più facilmente con Benedetto XVI, ma cerca di farlo anche con papa Francesco.
Lo scontro di civiltà è un tema ricorrente anche nella formazione dell’establishment russo, prova ne è stato un recente incontro dell’ex premier Sergej Kirienko con i giovani politologi in cui si è puntato proprio su questo: l’indottrinamento da questo punto di vista continua?
La Russia insiste su questo aspetto, pensa di resistere di fronte alla degradazione dell’Occidente. Il fatto che non ci sia un vero successo, un vero esito della guerra porta a insistere sulla questione ideologica. E’ una questione della quale si parlerà ancora per anni. La guerra militare per quanto si vede ora non avrà un esito a breve. Per quanto riguarda quella ideologica il Vaticano sta cercando di evitare che si chiudano tutte le finestre.
Anche la visita a Washington di Zuppi, quindi, più che alla guerra sul campo mira a contrastare la guerra ideologica?
Vuole cercare di togliere i presupposti ideologici alla guerra sul campo. Ormai dal punto di vista militare né la Russia né l’Ucraina possono ottenere molto. Se Kiev si mette a bombardare i presunti turisti della Crimea non può avere grandissime prospettive.
C’è la possibilità che Zuppi o comunque il Vaticano riescano ad accreditarsi come mediatori tra le parti?
Magari sì, ma non adesso. La Chiesa ha tempi molto lunghi.
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