LA MISSIONE DI PACE DI PAPA FRANCESCO E DEL CARDINALE MATTEO ZUPPI: “NON È UNA MEDIAZIONE”
«La missione di pace non ricerca la mediazione in senso stretto, vuole lenire le sofferenze della gente»: lo dice chiaro e netto il cardinale Matteo Maria Zuppi, inviato speciale per Papa Francesco per quella “missione di pace” messa in campo dal Vaticano al fine di interrompere la barbarie della guerra tra Ucraina e Russia. Intervenendo al Sinodo della Chiesa greco-cattolica, il Presidente della CEI ha rinnovato la vicinanza della Chiesa al popolo e ai vescovi ucraini, come del resto ribadito ieri dal Santo Padre e dal Card. Parolin: «Grande è la sofferenza. E altrettanto grande deve essere la condivisione», ha detto Zuppi conversando con l’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk.
Nel tentativo di superare le incomprensioni e le difficoltà manifestate dalla Chiesa ucraina dopo il discorso di Papa Francesco ai giovani russi, l’arcivescovo di Bologna afferma di voler portare «la vicinanza della Chiesa italiana ai cristiani che vivono la tragedia della guerra e che testimoniano il Vangelo in mezzo alle bombe». Dopo le tappe a Kiev, Mosca e Washington, il prossimo passo sarà la Cina per l’inviato Zuppi: «Occorre chiarezza nel cercare una pace giusta e, aggiungerei, sicura». In una intervista ad “Avvenire” è lo stesso n.1 dei vescovi italiani a spiegare cosa intenda il Papa per la “missione di pace” anche dei prossimi mesi: «Raggiungere la pace non può avere il prezzo della giustizia. No. Perché significherebbe porre le basi per un conflitto futuro. La giustizia non è un termine astratto, ma dentro la storia e il diritto internazionale. Poi ritengo anche che la pace debba essere sicura», spiega Zuppi rilevando come le condizioni di pace debbano avere il supporto non solo delle parti direttamente interessate «ma di tutti quegli attori internazionali che sono chiamati a garantirne l’applicazione e il rispetto».
La pace è sempre possibile, aggiunge il cardinale, ma richiede uno sforzo incessante per sconfiggere le logiche, gli interessi e le “ragioni” della guerra: «La pace è una sorta di rammendo, un’opera di tessitura che ha necessità di molta conoscenza, intelligenza, libertà di interessi». Ed è qui che il Card. Zuppi spiega cosa intenda Papa Francesco quando parla di “missione” e di “pace giusta”: «la mediazione in senso stretto non è mai stata l’idea del Papa. La sua era ed è la determinazione di cercare tutte le sinergie possibili per favorire la pace e lenire le sofferenze della gente. Lo dimostra quest’attenzione all’emergenza umanitaria, libera dal versante bellico e dalla propaganda».
CARD. ZUPPI: “DECRETO CAIVANO, SERVE INVESTIRE ANCHE SULLA PREVENZIONE”
Al termine dell’intervento al Sinodo dei vescovo ucraini, il Presidente della CEI Matteo Zuppi ha conversato anche con Fabio Marchese Ragona per “Il Giornale” per commentare invece la situazione più nostrana, specie dopo le polemiche sul Decreto Caivano del Governo Meloni contro la criminalità minorile: «Il tema deve tenere sempre conto del contesto più ampio e della sfida educativa, di quel patto che sta venendo meno tra le diverse agenzie educative. Occorre ripartire da lì». L’inasprimento delle pene può essere un deterrente per affrontare una situazione che ha caratteristiche nuove, rileva l’arcivescovo di Bologna, «ma occorre investire ad esempio sulle carceri minorili, aiutare il reinserimento dei minori che lasciano gli istituti di pena, lavorando sulla giustizia riparativa, garantendo i mezzi e la continuità perché possa svolgere il suo ruolo».
Secondo Zuppi insomma la deterrenza è utile ma solo se accompagnata da interventi di “prevenzione” dell’emergenza violenze giovanile: «Per affrontare la grande questione educativa, perché non diventi velleitario e quindi illusorio o addirittura nocivo, servono interventi concreti. Facendo tesoro anche dei fallimenti, dei ritardi, delle omissioni che favoriscono la crescita di disagi giovanili». Secondo il Presidente dei vescovi italiani, serve coinvolgere ogni attore della società vicina ai giovani, dalla scuola alla famiglia: «Non bisogna essere buonisti ma nemmeno “cattivisti”! Occorre affrontare la questione con serietà e fermezza! Confondere l’attività della magistratura minorile e di quanti si occupano di minori con buonismo è sbagliato! Su Caivano, così come su quelle che vengono considerate periferie, tutti sappiamo qual è la situazione: è necessario lavorare quotidianamente, tutti insieme, sull’ordinario. Esperienze come quelle dei doposcuola sono importantissime perché ritessono comunità e relazioni spesso carenti o sostituite solo dalle “bande”. Tutti dobbiamo fare di più».